Siamo tutti Antipop

CHI È STATO COSMO PRIMA DI COSMO? JACOPO FARINA IN ANTIPOP PORTA SULLO SCHERMO TUTTA L’UMANITÀ DI UNO DEGLI ARTISTI ITALIANI PIÙ INTERESSANTI.

Chi è stato a un concerto di Cosmo sa cosa vuol dire viverlo. Chi ancora non l’ha mai ascoltato live, esattamente che sta facendo? Non perdete tempo con me, andate di corsa a comprare i biglietti. Cosmo è sudore, è ballare senza pensare più a tutto lo stress che ogni giorno ci sommerge, è ritrovarsi abbracciati a uno sconosciuto, chiudere gli occhi e sentirsi liberi anche solo per qualche minuto. É ovvio che tutto questo non può essere catturato in un documentario. Allora perché sto ancora qui a disquisirne?

Perché Antipop non è solo il racconto distaccato della vita di un artista. Jacopo Farina ha catturato, attraverso foto, filmati, interviste, la vita di Marco Jacopo Bianchi. Dell’uomo ancora prima che del musicista, decostruendolo tassello dopo tassello per poter così restituire allo spettatore la realtà più profonda e intima.


Antipop è, già dal nome, negazione.

Tutto è costruito a partire dalla privazione dell’immagine di Cosmo, che ci guida come uno sciamano attraverso la voce, negandosi però alla telecamera se non mediato da video d’archivio. È lui stesso a dire di avere un sogno, quello di suonare su un palco buio dove scomparire per lasciare che solo l’energia scatenata dalla sua arte fluisca libera senza le catene del corpo.

Forse vi sto spaventando, ma fidatevi. Le interviste ai famigliari, agli ex compagni di band, agli amici, al manager, riescono a restituire un quadro completo della sua storia. Il vero filo conduttore del resto è la musica, che dall’inizio alla fine ci accompagna in un viaggio sonoro in grado di illustrare tutte le varie fasi e progetti (Mélange, Drink to Me) attraversati da Marco fino ad arrivare agli album più recenti. Per sessanta minuti rimaniamo sospesi in una dimensione dove possiamo godere di ogni nota, lasciandoci andare alle immagini che scorrono davanti a noi.

Il vero intento di Jacopo Farina e di Cosmo è quello di raccontare la storia di un percorso artistico travagliato, difficile, pieno di freni e ostacoli. Non tutti riescono a fare successo al primo colpo, e, ammettiamolo, sono più gli artisti che crollano e abbandonano questa vita piuttosto che quelli che trovano la forza di resistere. È un mondo crudele che divora e spezza. Distrugge anche i sogni più umili, come quelli di Marco che voleva solo avere “uno stipendio da operaio, ma con la musica”.


Vedere la storia di un uomo che stava per abbandonare tutto, che dopo aver composto già dei capolavori (tra cui quel bellissimo inno alla vita che è Le cose più rare) con L’Ultima Festa aveva deciso di lasciare la carriera artistica alle spalle. Un’ultima danza folle in cui gettarsi per salutare il pubblico prima di pensare a una nuova vita. Lo ammetto, vedere qualcosa del genere fa male, soprattutto quando si guarda al presente e si realizza tutto quello che è accaduto nel frattempo.

Insomma, perché tutta questa insistenza su Antipop?

Perché dovreste vederlo?

Perché sarete catturati da un documentario fatto da un autore incredibile in grado di catturare a livello visivo l’andamento elettronico della musica e dell’anima di Cosmo. Se almeno una volta la vita vi ha preso a schiaffi in faccia e vi ha spaventati, o se siete stati tentati anche solo per un secondo di lasciarvi alle spalle tutto ciò in cui avete sempre creduto, vi sentirete compresi. Perché Cosmo è Cosmo. Non raccontiamoci stronzate, è uno degli artisti più interessanti che abbiamo in questo paese e scoprire il suo passato è un regalo per noi spettatori e ascoltatori. Devo dire altro per convincervi? Mi auguro di no. Nel dubbio, forse un giorno ci rincontreremo a qualche live di Marco a ballare.

Faccio cose, vedo gente, scrivo di musica (qualche volta di cinema), cerco di sopravvivere a Roma