Il monito di Videocittà: che l’anima torni a guidare il progresso

Se il Colosseo è davvero così bello perché Venerus non ci ha mai suonato? 

Saremo impertinenti, magari dei maledetti ignoranti. Ma a noi d’estate quell’opulenza della Roma imperiale così perfettina, CI OPPRIME! Allora lasciamola in pasto alle orde di zomb…turisti mossi dalla brillante idea di girare la città con 35 gradi all’ombra. E lanciamoci sull’ Ostiense per venerare un altro colosso architettonico.

Basta col marmo vanesio, e spazio al pragmatico ferro battuto. 

Signori e signore, padron Gazometro

Il Gazometro incombe maestoso, e ribolle al suo interno come un vulcano attivo. Nemmeno quando conteneva il gas della Capitale era così gagliardo! 

Perché di fatto il nostro Grande Gigante di ferro nasce come uno dei tanti ecobbrobi figli della rivoluzione industriale. Ma l’insegnamento datoci da Mary Shelley col suo mostro letterario, è che non esistono figli malvagi, solo pargoli mal istruiti. Ed è grazie alla sua splendida riconversione culturale, che il freddo e obsoleto reperto della morente società dei consumi si reincarna. Sciogliendosi dalle catene della propria storia, ascende all’universale. Diventando l’anello di intersezione tra passato e progresso. Ed il simbolo di una materia viva, che spinge sinuosa per trovare nuove forme e valori.

Non ci sorprende che Videocittà abbia scelto il complesso del Gazometro per ospitare la sua settima edizione. 

Che dite? Cos’è Videocittà?

Che altro vorrete sapere poi, cos’è quella strana scatola magica su cui vostra madre guarda delle persone in miniatura? Cosa siete Amish?

Videocittà è un’osservatorio audiovisivo dal richiamo internazionale. E’ una celebrazione del mondo digitale, in tutte le sue sfaccettature. Ideato da Francesco Rutelli, il festival è un catalizzatore di stimoli, visioni, innovazioni che fermentano e zampillano come dati impazziti nell’etere social-digitale odierno. 

E’ visione che non accetta utopia. Un ménage tra presente e futuro che non prevede gradi di separazione. Perché il poi inizia adesso.

Come rendere il progresso etico?

Come rendere la tecnologia più umana? In un mondo in cui i dati sostituiscono la carne, come trovare una sintesi tra anima ed efficienza? 

Domande che, tra i tanti, si poneva già il pensatore Max Weber, e poi ancora il filosofo Herbert Marcuse (giusto qualche annetto fa eh). Per le quali sia l’era industriale che la prima fase digitale non sono riuscite ad elaborare risposte credibili. 

E di fatti l’alienazione dell’uomo-fabbrica è la stessa del ragazzo-social se non che questa è diventata più sofisticata, ha eliminato la mortificazione del corpo e si cura solo di allucinare la mente.

Ed allora Videocittà nasce per chiedersi: come possiamo riporre di nuovo la tecnica al servizio della libertà umana? Se il progresso diventa una macchina cieca, sospinta dalla pura necessità di dominare e manipolare con metodi sempre più sofisticati o peggio, se diventa uno strumento di pochi per creare masse di consumatori vuoti e impotenti, che senso ha il progresso stesso? 

Ma come il mostro di Frankestein, il progresso non merita disprezzo, ma necessita di una bussola etica, in modo da riunirsi finalmente all’anima. La tecnica deve riscoprire la sua funzione liberatrice. Deve estendere i sensi dell’uomo, non mozzarli. Rispondere ai bisogni degli individui, non sfruttare le loro debolezze. 

E SE LA SOLUZIONE SI NASCONDESSE NELLA MUSICA?

Una sola arte porta insita in se il rapporto ideale tra libertà e progresso, la musica. Il perfetto connubio tra tecnica e anima, in cui la prima è e sarà sempre al servizio della seconda.

Ogni innovazione tecnica nel campo musicale non può che avere, per sua natura, un’ambizione spirituale: il progresso musicale è un innato movimento dello spirito, alla ricerca di nuovi suoni, linguaggi, storie e forme di aggregazione che soddisfino il desiderio insaziabile di indagare se stesso.

La musica al contrario, può diventare schiava esclusivamente nella staticità, solo quando gli interessi di parte arrestino il suo moto verso la gratificazione dell’individuo. Ma finché, anche in una sola regione del mondo, la musica si sottrarrà all’ ingerenze del consumo, l’uomo sarà libero e l’anima continuerà a vincere sulla tirannia della tecnica.

La musica diventa oracolo e insegnante di un modello perfetto di vivere il progresso

La sua stessa chimica interna svela il codice per trovare una sintesi pacifica tra libertà umana e tecnologia. La musica non ci sta solo intrattenendo, ci sta istruendo.

Nebula

La grande installazione di Quiet Ensamble, protagonista di Videocittà, è la madre di questa intuizione. L’esperienza interplanetaria allestita nel Gazometro è stata un’epifania folgorante. Una metafora commovente del progresso, rappresentato come un viaggio attraverso lo spazio oscuro all’interno della storia umana. Una traversata audace, iperattiva, ma anche tragica e cruenta. Talvolta spregevole, ma irrimediabilmente fragile.

Ma senza la musica di Giorgio Moroder, a legare le anime dei presenti, a rapirci ed aggregarci in un destino condiviso, saremmo stati semplicemente individui soli, ad osservare in silenzio un intricato sistema di luci fuori dalla nostra portata. Impotenti.

Lasciamo che la musica scandisca il ritmo del nostro futuro. Lasciamo che l’anima guidi di nuovo la nostra arca interstellare.

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Aspirante giornalista, ma gran potenziale da disoccupato. Nemico giurato del dono della sintesi, ma stiamo trovando un accordo di pace per il bene dei lettori e di chi mi incontra nei pub. Radiohead, Bowie, Lamar, Strokes, Frah Quintale e Charles Aznavour troneggiano imperterriti nella mia playlist, trovate voi un filo conduttore, se riuscite. Diffido da chi non apprezza un buon gin tonic ed il potere rigenerante del latte e menta (entrambi rigorosamente con tanto ghiaccio). Guarda a destra, ora a sinistra. Dietro, e adesso dritto di fronte a te. Sai come si torna a casa tua? No? Ti crea disagio, terrore? No? Bene, sei finalmente libero, ora corri e goditi il mondo, audace fino alla fine.